Chi sono io? Il Dramma è servito!
In questo periodo sto cercando di capire dove sono diretto e di vedere come si genera il mio prossimo futuro. Attraverso modalità che sembrano avere dell’incredibile, sono spinto verso occasioni per indagare e dare una risposta alla domanda:
“Chi sono io?”
Di recente ho vissuto come un dono prezioso un’esperienza di per sé negativa, che si è trasformata poi in comprensione.
Ho visto la paura esercitare un potente e totale controllo sulle mie azioni, bypassando la ragione. Da qui ho capito che lo stato emotivo influenza la mia persona, e se questo è molto forte finisce per assumerne il comando.
C’è una parte profonda di me che emerge eludendo il sistema di filtri acquisiti e consolidati nel corso di una vita, si beffa di regole ed educazione inducendomi immediatamente all’azione, e il processo è talmente fulmineo da non lasciarmi il tempo di capire come avviene. Ho avuto la fortuna di assistere attentamente a ciò che avviene in me.
Il pretesto me lo fornì un evento spiacevole mai vissuto prima, e di intensità sufficiente da obbligarmi a trovare la pazienza per guardarmi dentro. Fu come trovare la chiave che apre la prima porta di una lunga serie di stanze, per andare oltre e non rimanere prigioniero.
Il meccanismo che mi portò a comprendere è l’aver fatto una cosa semplice, che talvolta viene naturale in situazioni al limite: feci d’istinto una promessa a me stesso, in modo estremamente serio. Credendo di non avere le forze per farcela da solo, senza risorse e nessuno che potesse aiutarmi, offrii un’opera in cambio del superamento di quel momento difficile. Subito dopo un’ondata di stupidità mi fece trasalire, perché, prossimo alla disperazione, notai che per trovare la via d’uscita mi stavo affidando inconsciamente all’istinto piuttosto che alla ragione.
Rotto ogni schema mentale, mi immersi in me stesso negli abissi più profondi e sconosciuti, in ascolto dell’urlo ancora muto che stava emergendo potente. Con il tempo, sfumò la percezione di essere in pericolo, e si assestò ad un livello più accettabile di semplice preoccupazione.
Certo, a questo punto potevo anche ringraziare e sentirmi esente dall’onorare la promessa fatta, però aleggiava in me il sentore che così facendo avrei perso un’opportunità per andare incontro a quello sconosciuto che urla senza voce da dentro di me. Nel decidere se fare o non fare, e come fare a mantenere la parola data a me stesso, entra in gioco anche il potere di scelta, che in ogni momento fa muovere un passo tra il ventaglio di direzioni possibili.
Mantenere alta l’attenzione su questi “dettagli”, che sembrano insignificanti, è la mia via per capire i meccanismi che fanno funzionare le mie azioni.
Il lampo che intercorre tra paura/desiderio e il mio rispondere alla situazione scrive il futuro, e contiene in sé la mappa di come sono fatto.
Guardare la paura negli occhi, o trattenermi un attimo prima di soddisfare un desiderio, è per me un ponte tra il tangibile e l’ancestrale che risiede in stati non controllati dalla mente.
Aiuta a definire meglio il mio sentire, a non scambiare tra di loro le emozioni con i sentimenti, con la fame del corpo e con la sete della mente.
Ora, ad esempio, riconosco la diversa natura tra l’impulso fisico del sesso, che in sé stesso non contiene né amore né senso di possesso; il senso di possesso, che non è fisico e non ha a che fare con l’amore; e l’Amore, che è indipendente da sesso e possesso.
Queste impressioni sono potenti leve che muovono il mio sentire, il mio scegliere e il mio agire: hanno in mano il mio destino, e lo guidano, in barba a quello che finora ho reputato essere la mia libertà di scelta.
In ogni situazione della vita, l’eterno gioco degli opposti richiede una presa di posizione:
Accetto o Rifiuto? Mi sento attirato o respinto? Combatto o scappo? Difendo o conquisto?
Esiste anche una terza opzione: provo a vedere cosa succede in me restando neutrale e, nel caso in cui sia richiesta una risposta, provo ad agire senza essere mosso da interesse o convenienza.
Mi compiaccio quando riesco ad affrontare la quotidianità in modo più “evoluto” rispetto al passato, e mi rattrista quando mi sorprendo a reagire secondo vecchi schemi e cadere in balìa delle circostanze. Ho imparato a mie spese che il non voler affrontare le situazioni e cercare scappatoie, è solo una perdita di tempo.
La vita, con dinamiche strane ma efficaci, mi riporta sempre di fronte al medesimo spettacolo, in teatri diversi e con nuovi attori. Se mi osservo con onestà riesco a intravedere la direzione dove il “burattinaio interiore” mi sta tirando, divento conscio del mio percorso e al contempo responsabile.
Ho sempre cercato di capire, e la comprensione un po’ alla volta arriva, invitandomi ad un continuo evolvere del punto di vista di fronte al nuovo scenario che essa porta con sé.
Non posso più proteggermi in certi rifugi, un po’ scomodi ma pur sempre consolatori, come il credere a fortuna e sfortuna, incolpare o dare meriti a terzi o nascondermi dietro a scuse come: “Sono fatto così”, “non sono adatto ad affrontare la situazione” ecc…
Ecco che crollano in questo modo le giustificazioni per i miei comportamenti, così divento più “scientifico” nel giudicare me e gli altri. Cade l’attrazione per molte cose e ideali con cui mi riconoscevo e mi identificavo. In questo processo di cambiamento fatico a riconoscermi in una nuova dimensione perché ero così abituato in quella di sempre, e lo vedo riflesso nelle persone vicine a me, che non mi “riconoscono” pur essendo sempre io.
Finisce una storia d’amore, perdo vecchie amicizie e ne riscopro altre, si allenta il senso di appartenenza alla famiglia di origine e al mestiere che faccio. Questo è difficile, spesso mi disorienta e il richiamo di passati e sicuri schemi collaudati torna prepotente. Non trovo più posto nel tassello che mi sono ritagliato nella società, mi sta stretto.
Capisco da dove nasce la famosa domanda:
“Chi sono io?”,
ma non ho risposta. Me lo domando pur non essendomi mai allontanato un attimo né da me né tantomeno dagli altri.
Neppure per un momento posso ignorare un flusso in cui mi trovo immerso e al quale non c’è vantaggio a remare contro: va assecondato senza timore come un naturale fluire. È vero che porta verso l’ignoto, ma è altrettanto vero che non mi fa sentire abbandonato a me stesso.
A chi è in sintonia con me nel credere che esista un karma di vite passate che deve essere smaltito, questa ne è la mia attuale comprensione: fare quello che deve essere fatto senza alimentare nuove trame, percorrere il filo sciogliendo i nodi che incontro e cercando di non ingarbugliarlo di nuovo. Mi sembra molto più semplice da fare che da concettualizzare.
Questa “messa in scena” è stata il passaggio importante che mi ha fatto comprendere quando si dice che le difficoltà fortificano, o meglio, che ogni evento, positivo o negativo, è un pretesto per crescere ed evolvere.




Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!