L’uccellino e il corvo
Ero un piccolo uccellino, e me ne stavo ancora nel nido ben nutrito dai miei genitori, che tutto il giorno volavano avanti e indietro per procurarmi del cibo.
Le mie piume erano ormai cresciute, avevano sfumature marroni, grigie e bianche. Ero pronto per volare eppure avevo troppa paura per farlo. Dubitavo delle mie capacità, temevo il mondo intorno e mi ponevo molte domande alle quali non avevo risposta.
Quindi rimanevo nella mia postazione al sicuro, e impegnavo il tempo scrutando quel pezzo di mondo dalle fronde dell’albero in cui mi trovavo.
Mi ero convinto che quella vita mi bastasse.
Da lassù vedevo le piante più basse, e altri nidi, osservavo le cince, i cardellini, i passeri….Pensavo di sapere tutto: delle loro vite, delle regole e delle leggi della natura. Mi sentivo in diritto di giudicare le loro esistenze, e questo mi permetteva di non pensare alla mia paura:
“Sarei mai stato capace di volare?”
Poi era successa una cosa incredibile…
Un giorno di sole, un’ombra nera era calata sul mio nido, rumorosa e prepotente.
Si era appollaiata tra le piume, il muschio e i ramoscelli intrecciati. Era talmente grande che avevo dovuto mettermi sul bordo per farle spazio.
Un corvo imperiale, dalle penne nere e luccicanti, con un grosso becco e l’aria invadente mi si era avvicinato.
Sapeva di mistero, di grandi voli, di alta montagna, di rischio e di libertà.
Lo avevo guardato in quell’occhio luccicante, nero e tondo, e ci avevo visto riflesso me stesso, piccolo ma perfetto avvolto nelle ali che non avevo mai trovato il coraggio di utilizzare.
Non avevo potuto resistergli, era così affascinante. Gli avevo aperto il mio cuore innamorandomi di ciò che rappresentava, e di ciò che mi raccontava esserci fuori dal nido. Avevo iniziato a sognare una vita con lui nel mio nido…
Ma…proprio in quel momento,
il corvo mi aveva spinto fuori da quell’ambiente sicuro ed ovattato. Così avevo iniziato un salto nel vuoto, e mi ero sentito spaventatissimo. Maledicendolo avevo istintivamente aperto le ali ricordandomi che ero un uccello, e da qualche parte dentro di me sapevo volare.
Planando mi ero ritrovato a terra, e da lì avevo osservato il mondo da un’altra prospettiva, scoprendo che era molto diverso da quello che avevo da sempre conosciuto.
Il volo non è più terminato… ho imparato a saltellare, ad arrampicarmi, sto perfezionando le virate, le discese e le risalite. Sto scoprendo i miei punti di forza e le mie difficoltà… e soprattutto sto incontrando molti altri esseri viventi che dal nido non potevo vedere… ho lasciato andare il giudizio, perché ognuno di loro mi sta insegnando qualcosa di questa vita che non conosco.
Quando sono riuscito a ritornare nel mio nido, apprezzando la libertà di potervi far ritorno e di poterlo lasciare, ho scoperto che lo vedevo piccolo e circoscritto per quanto sentissi ancora un forte legame per ciò che aveva rappresentato nella mia crescita. Ero io ad esser cambiato non lui. Perciò ho iniziato a farne nuovi usi.
Alcune volte mi ritrovo a ripensare a quel corvo imperiale, e sento battere forte il cuore, posso solo ringraziarlo per avermi spinto nel vuoto, verso la libertà, verso la voglia di vivere e di essere un uccello che sa volare.
Sto scoprendo di essere un rapace e di sapermi orientare nella notte.





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